Spesso l’assenza di gusto è il risultato del disinteresse nei confronti dell’estetica, tipico, per esempio, di chi si occupa d’altro.
Per molte persone i segni non sono un problema, non sono oggetto di attenzione o, per lo meno, lo sono in maniera del tutto marginale: li attraversano con indifferenza, senza culti e idolatrie, senza smanie e nevrosi, con “beata” ignoranza. Com’è lo spazio dello studio dove trascorri le tue giornate, i suoi colori, i suoi oggetti, i suoi rumori? Non saprei cosa dirti… in realtà non ci ho mai fatto troppo caso… La mia testa è concentrata altrove…
A turno siamo tutti interpreti di questo tipo di inconsapevolezza, immersi come siamo nei nostri specialismi e nelle nostre inesorabili parzialità: d’altra parte più si scende negli abissi dell’approfondimento di un codice e di una disciplina, più si rimane a galla, superficiali e incolti nella conoscenza delle altre.
Ho conosciuto persone erudite nel sapere singolo totalmente analfabete nella cultura dei segni, menti luminose e alte trasformate in pecorelle smarrite ed insicure contornate dal buon gusto più triste, omologato e sciatto, incapaci di distinguere un capolavoro d’arte da una crosta di basso artigianato, un’architettura di qualità dall’edilizia direttamente clonata dal manuale del geometra.
Ho visto fior di intellettuali abitare in case brutte, sedersi su imbottiti “in stile” incellofanati a oltranza, muoversi come ombre in un universo di soprammobili cinesi e tende coi vollants, circondati da linguaggi schizofrenici e del tutto casuali.
Ho visto i libri che hanno marcato la storia della cultura stipati in librerie addossate alle pareti di tinellini condominiali, ficus con nastri rossi e sottovasi in plastica collocati agli angoli di finti salotti in stile impero, posaceneri in peltro, centrini in pizzo ed elefantini d’avorio in processione sulla cornice del caminetto a fiamme elettriche, pareti riempite oltre ogni limite per sedare l’ansia da horror vacui che assale chi pensa che il tanto sia comunque e sempre meglio del poco.
…Quell’uomo sapeva tutto della chimica e dei meccanismi che generano la materia che ci circonda, ma ignorava totalmente la reazione esplosiva e il dolore che il vaso di Murano a fianco della stuoia indiana appesa alla sua parete creavano nel mio sistema percettivo e nel mio animo”.