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3 / BRUNO

Il 17 luglio 1987 ho sposato Bruno Rota, designer, attivo in diversi settori della progettazione, dall’architettura all’interior design, dal design industriale al concept design. Prima di incontrarlo avevo letto di lui e del suo lavoro su alcuni giornali e riviste.

Da lui ho imparato tantissimo e continuo a farlo. In particolare mi ha sempre affascinato il suo modo di ragionare, sorprendente e non stereotipato. Abituata come sono alla consequenzialità accademica e alle sue regole, mi incuriosisce un pensiero che nasce ‘fuori’ dai criteri prefissati e si sviluppa lungo le strade originali del ragionamento autentico e primario.
Spesso le soluzioni sono semplici: si tratta di impostare i problemi in modo pulito, senza fronzoli e senza troppi ‘a priori’. La coscienza della complessità a volte diventa una gabbia che ci impedisce di volare e ci costringe entro un ‘realismo’ senza futuro.

E’ stato un incontro di differenze, lui turbolento rapporto con la scuola, perenne autodidatta: io studentessa modello.

Lui attento osservatore delle cose, io viaggiatrice astratta tra le parole.

Io bulimica scrittrice e lettrice, lui disegnatore che tocca la materia e la possiede.

Lui che ogni volta che affronta un problema lo fa come se il mondo iniziasse lì: io che invece cerco di individuare una catena di risposte già date.

Lui sintetico, io analitica.

Lui centometrista , io maratoneta.

Lui apocalittico, io integrata (faticosamente).

Lui brevilineo, forte, con gli occhi e la pelle scura, una capigliatura indomabile: io alta e bionda, esile con gli occhi chiari e i capelli sottili e lisci.

Lui che quando l’ho conosciuto mi canticchiava ironicamente ‘una rotonda sul mare’: io che in quegli anni ero una rocchettara, col mito di Patty Smith e dei Sex Pistols.

E’ stato faticosissimo, ma se non lo avessi incontrato avrei perso la parte più interessante della mia vita.