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VIAGGIO NELLA CITTA’DEL FUTURO

VIAGGIO NELLA CITTA' DEL FUTURO

Il matrimonio tra il signor Futuro e la signora Città era stata la cerimonia del secolo: celebrato in una location di lusso messa pomposamente a disposizione dalla signora Finanza, testimoni e invitati d’onore la signora Globalizzazione e la signorina Tecnologia, aveva occupato le prime pagine dei giornali e delle riviste di tutto il mondo.
Soltanto una tra i molti osservatori presenti notò la clamorosa assenza del padre della sposa, il signor Presente.
Non era l’unica assenza rimarcabile, mancavano pure la signora Campagna e sua sorella Foresta, mancava madre Terra e le sue splendide ancelle Aria e Acqua, mancavano migliaia di specie animali ormai estinte………
Nel complesso all’osservatrice anomala parve subito, nonostante i luccichii della scenografia allestita, che la cerimonia fosse un po’ cupa, in molti momenti ingessata e formale, ma sotto sotto laida e cuncupiscente.
Con una certa inquietudine e senza alcuna certezza su quali sarebbero stati gli esiti della sua scrittura, l’osservatrice iniziò a costruire l’articolo che avrebbe mandato al suo editore come cronaca dell’evento: “Viaggio nella città del futuro” era il titolo che le avevano chiesto di sviluppare e questo è l’articolo che riuscì ad abbozzare.

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Il matrimonio tra il signor Futuro e la signora Città aveva suggellato la storia d’amore più lunga che, a memoria d’uomo, si possa ricordare: i due infatti si corteggiavano da tempi immemorabili, in giro per il mondo, con cicli di passione intensa alternati a cicli, spesso tumultuosi e dolenti, di crisi e svuotamento.
Si erano intensamente amati anche in Italia dove avevano vissuto incontri eccezionali con le migliori menti di ogni tempo ……
La signora Città , in Italia, grazie alle buone frequentazioni, all’abbondanza del genio umano, alla mitezza del clima e alla ricchezza della geografia, aveva raggiunto vertici insuperabili di eleganza e di bellezza che si mantenevano nel tempo, così che l’ avanzare dell’ età, non solo non lasciava segni sgradevoli di invecchiamento, ma, al contrario, aggiungeva via via particolari affascinanti, preziosi contributi al suo corpo e alla sua mente.
Durante il lungo fidanzamento, il signor Futuro aveva sempre guardato la signora Città con orgoglio e compiacimento esibendola come parte preziosa di sé, come sua costola fondativa. Tra i due c’era un rapporto di complicità e sinergia che attirava e seduceva i popoli accogliendoli in uno spazio che era anche l’idea di un percorso in avanti, insieme, nel tempo e nel destino.
La signora Città era figlia del signor Presente, un padre autoritario, piuttosto greve, sempre indaffarato a risolvere i problemi contingenti: un signore con i piedi per terra e spesso nel fango, abituato a lottare duramente e, proprio per questo, a diffidare di svolazzi e grilli per la testa. L’unica cosa che il signor Presente, così provato dall’esperienza, riusciva a desiderare era quella di tenere a bada le difficoltà, venirne fuori senza soccombere.
Su di lui pesava la fatica di una vita difficile, che gli aveva lasciato cicatrici e ferite aperte sul corpo rugoso e artritico.
Era lento il signor Presente, lento nelle azioni e nei pensieri. Goffo e un po’ patetico.
Non vedeva di buon occhio il fidanzato della figlia che invece era scattante, agile e leggero. Tra il vecchio signor Presente e il giovane signor Futuro vigeva un rapporto di sospetto, di reciproca diffidenza.
Il signor Futuro, per questo, con la naturale attitudine strategica che quando sei innamorato riesci a mettere in campo, nelle situazioni ufficiali aveva deciso di seguire l’amata signora Città a una certa distanza, lasciando che lei lo precedesse sui marciapiedi della storia a braccetto col padre, il signor Presente: da vero gentiluomo, di tanto in tanto, rallentava la sua andatura per consentire alla bella signora di fermarsi a darsi una sistemata, a ravvivarsi i boccoli e a curarsi il trucco. Se la signora voleva camminare con i tacchi alti per mostrare le sue forme attraenti il signor Futuro, notoriamente dinamico e impetuoso, rallentava quel tanto che basta per non incombere con la sua ombra sulla graziosità dell’incedere e per non imporre una velocità fuori luogo.
D’altra parte anche la signora Città tendenzialmente incline all’opulenza, alla conservazione e alla stabilità, nonostante l’influenza del vecchio padre, aveva imparato ad apprezzare il giovane signor Futuro, la sua avventurosità, il suo rischio: lo aveva accolto come un figlio, lo aveva nutrito con la cultura, la dialettica, la discussione ricevendo in cambio dei suoi sforzi una sorta di eterna giovinezza, la garanzia del suo rinnovamento ciclico. La signora Città aveva presto capito che ciò che la rendeva affascinante agli occhi dei popoli era proprio la sua vitalità e così aveva investito molto, spesso ostacolata dal signor Presente, nella danza e nel teatro, cioè in quelle arti che vivono in scena e dentro il ritmo: la signora Città amava il pubblico, la rappresentazione, la magnificenza esibita.
Città luogo aperto e dinamico della trasformazione, croce e delizia, instabilità e conflitto, ma anche opportunità, intensità di relazioni, progresso: i popoli accorrevano verso la signora Città in cerca di ricchezza e perché erano certi che proprio lì avrebbero incontrato il signor Futuro, che sarebbe arrivato subito dopo e li avrebbe cortesemente salutati.
Spesso il signor Presente i popoli li accoglieva male, erano troppi, non avvezzi ai suoi modi complessi, ai suoi trend e ai suoi codici: per molti c’era soltanto una baracca sporca e povera, piena di carbone e malsana. Ma si trattava di attendere il proprio turno e la signora Città, intercedendo presso il padre, avrebbe dato a tutti, prima o poi, la possibilità di entrare, di cambiare stato, di salire più in alto verso una vita migliore e confortevole. E così avveniva che generazioni di poveri contadini rustici e pidocchiosi partorissero generazioni di rubizzi possidenti arricchiti, che poi facevano a gara per restituire alla signora un omaggio di riconoscenza eretto a fare bella mostra nella scenografia della storia.
E che poi gli arricchiti possidenti, a loro volta, partorissero figli studiosi che si avviavano sulla strada della cultura e dell’arte, esangui creature di pensiero, anime sofisticate e luminose racchiuse in corpi gracili e pallidi, per le quali la signora nutriva un istinto di protezione materno che la induceva a creare rifugi adatti alla loro fragilità, biblioteche, musei, caffè degli artisti, in un mondo che ancora e che sempre esibiva la forza dei muscoli e delle armi come principale virtù.
Per conto loro, poeti, intellettuali e artisti restituivano fiumi di immagini, narrazioni, teorie che la signora considerava con attenzione, traendone ispirazione, conforto, suggerimenti. Piacere. Nuovo fascino e nuova bellezza.
Città, culla dell’Arte e della Bellezza.
Alla signora non piacevano soltanto le menti raffinate e inclini all’astrazione: nutriva una sincera passione anche per le mani intelligenti, per coloro che sapevano trasformare con perizia la materia, dandole una forma e un uso. Amava il lavoro materiale e considerava l’attitudine a creare le cose un tesoro prezioso.
Città, culla del Lavoro e dei Mestieri.
Quando il signor Presente generava ombre cupe, tensioni e problemi nel grembo della signora Città, il signor Futuro interveniva da lontano in suo soccorso lasciando cadere sprazzi di immaginazione, idee e soluzioni. Fu lui che, dopo una lunga pensata, inventò la parola Progetto per stabilire un patto di alleanza e di collaborazione col signor Presente.
Lui, il giovane aitante, ci avrebbe messo la visione, il punto di arrivo, perchè nessun Progetto può essere intrapreso se non sai cosa vuoi raggiungere: l’altro, il vecchio affaticato e grinzoso, ci avrebbe messo il punto di partenza cioè i problemi da risolvere e il campo d’azione reale, senza il quale la parola Progetto non avrebbe potuto esistere e si sarebbe subito confusa con la parola Illusione oppure con la parola Ciarlataneria.
“Si perchè il Progetto è un viaggio che collega due punti”, spiegava il giovane al vecchio, “uno nel presente e l’altro nel futuro. Il percorso è fatto di creatività, idee, sperimentazione, ma anche di esperienza e competenza. Questo viaggio può andare a buon fine soltanto se lo facciamo insieme”.
Dentro il campo d’azione del Progetto, finalmente convinto della sua utilità, il signor Presente costruì un rapporto sempre più stretto con la signorina Tecnologia verso la quale nutriva un sentimento di stima e ammirazione.
Lei era modesta, disposta naturalmente a mettersi al servizio, senza alcuna pretesa filosofica, dedita al fare e alla sua immanenza. Detestava i massimi sistemi nel modo migliore che è stato inventato per detestare qualcosa e cioè riservando loro la massima indifferenza. Era una perfetta collaboratrice. Aveva servito molti padroni, facendosi sempre apprezzare, capace com’era di risolvere tanti problemi: con le sorelle Scienza e Coscienza aveva intrecciato un legame strettissimo che andava ben oltre il contratto di semplice dipendenza per spingersi verso quello del reciproco sostegno. Loro fornivano pensiero e visioni, verifiche e nuove cosmologie: lei strumenti e capacità di operare. Si muoveva con rapidità, intuendo i bisogni e prevenendoli, si nutriva di sé, con una dieta esponenziale che l’aveva resa sempre più efficiente, oltre ogni aspettativa.
Molto spesso agiva nascosta ai più, lontana dalla ribalta e dalla sua magnificenza, chiusa dentro ai laboratori e negli opifici e a volte perfino nei garage dei sobborghi periferici: si dava un gran daffare, producendo innovazione, scoperte, nuovi utensili, che entravano pervasivamente nelle case delle genti cambiando le abitudini e gli stili di vita.
I popoli, senza neppure capirle fino in fondo, godevano delle scoperte e delle innovazioni, ne traevano i frutti più succosi.
La cosa funzionò per un bel po’: la Città crebbe, i popoli accorsero sempre più numerosi, il Progetto trovò via via soluzione alla gran parte dei problemi che la nuova crescita creava, realizzò l’Igiene, i Diritti, la Salute, l’Istruzione, lo Spazio Pubblico, la Politica……. Il signor Presente e il signor Futuro trionfarono nel loro patto di collaborazione e la signora Città prosperò regalando alle genti una vita più lunga di almeno trent’anni e assai meno crudele.
Su cosa poi sia successo e quando sia cambiato tutto nessuno lo ha capito con esattezza, anche se molti hanno espresso opinioni e formulato analisi in proposito. Ma il racconto è sincopato, a scosse e sobbalzi, quantitativo, babelico: milioni di frammenti di verità parziali non riescono a costruire un senso compiuto. Il vocio ci stordisce fino a renderci sordi.
Di certo si sa che il signor Futuro inorgoglito dai grandi risultati si montò la testa e cominciò a tessere patti direttamente con la signorina Tecnologia: come un puledro scalpitante e onnipotente non trovò più la pazienza e la voglia di sedersi al tavolo vischioso del Progetto e, liberatosi da ogni freno, si mise a correre all’infinito, pago della sua forza e della sua velocità. Scienza e Coscienza arrancavano in affanno, gli artisti e i poeti, da sempre abituati a immaginare l’invisibile, si trovarono travolti dal visibile che ogni giorno mutava, superando la loro immaginazione.
Nella folle corsa nessuno trovò il coraggio e il tempo per riflettere su quanto stava succedendo e rinforzare opportunamente gli argini: il fiume della Finanza esondò e coprì il mondo di una spessa coltre fittizia di illusione nefasta e traditrice.
Il povero signor Presente venne colto di sorpresa, spiazzato, deformato, e poi annientato, polverizzato: il signor Futuro non lo seguiva più come un’ombra, ma gli stava davanti ed era molto più veloce di lui. Ogni volta che il vecchio tentava di riafferrarlo, il Futuro si era già spostato vanificando ogni tentativo di pianificare il tragitto del viaggio in corso.
I gesti che il signor Presente riuscì a fare verso la fine furono sempre più flebili, schiumosi, inconsistenti. Patetici. Finchè allo stremo, si ritirò del tutto.
Ebbene si, il signor Futuro aveva divorato il signor Presente. Ecco perché non era al matrimonio!
La signora Città, che tanto aveva goduto dell’equilibrio tra i due, si trovò di fronte a nuovi enormi problemi e diventò di colpo più brutta e più vecchia. Aveva smarrito il senso del limite ed aveva aumentato il suo corpo a dismisura diventando metropoli e poi a volte megalopoli, città infinita.
La ritirata del padre in un primo momento le aveva concesso più libertà, più divertimento e spensieratezza. Finalmente, aveva potuto abbandonare ogni remora e gettarsi a capo collo tra le braccia del suo eterno fidanzato, il signor Futuro, concedendosi a lui interamente e celebrando il matrimonio che li avrebbe uniti per sempre.
Ma presto il Futuro senza Progetto e senza Presente cominciò a svuotare interi quartieri lasciandoli deserti e degradati, colonizzati da eserciti di nuovi schiavi affamati e senza speranza: la campagna intorno ai mega stores, abbandonata e consumata, non fu più in grado di produrre cibo per sfamare tutte le genti. Sui marciapiedi trafficati delle aree commerciali e degli stadi, capitava di incrociare contadini denutriti in fuga dai campi sterili insieme a bambini obesi e flaccidi dei ghetti urbani, abituati a mangiare spazzatura e a respirare colla. Piccoli manipoli di signorotti violenti tenevano sotto scacco grandi folle stordite dai video games e dalle droghe, inebetite da un ottimismo senza radici e senza ideali.
La sposa, sotto gli abiti sfarzosi della cerimonia, celava un corpo ormai obeso e un’anima bruciata dalla bulimia, avvizzita e violenta: ogni giorno divorava pezzi di mondo, paesaggi, umani, animali e piante e per nascondere la devastazione aveva distrutto la capacità dei popoli di riconoscere e desiderare la Bellezza, li aveva resi ciechi, nutrendoli di falsi dei.
“Il matrimonio del secolo”, concluse l’osservatrice anomala al termine della sua cronaca, “in realtà è soltanto un luccicante camouflage, che nasconde il dolore del pianeta: l’orchestra copre col frastuono di decibel assordanti l’urlo dei ghiacciai prosciugati e degli oceani sfregiati da tonnellate di rifiuti. Il viaggio nella città del futuro non ha più un motivo, perché il futuro è già qui, non dobbiamo raggiungerlo, ma soltanto guardarlo senza abbassare gli occhi”.

La cronista anomala si rese conto che, scrivendo l’articolo, si era incamminata lungo un percorso imprevedibile, un viaggio di consapevolezza. Probabilmente era uscita dal compito che le era stato assegnato. Sicuramente l’editore si aspettava da lei un testo diverso, una cronaca più mondana e rosea, adatta a celebrare la circostanza e a dar lustro agli invitati. Probabilmente avrebbe dovuto pensarci più a lungo e approfondire, spostandosi verso altri livelli di comunicazione. Così, fuori tema, le sue parole si sarebbero bruciate tra milioni di altre parole, disperdendosi nel nulla insieme ai pezzi della sua anima che le aveva dettate.
Decise quindi di stracciare il testo che aveva scritto e di sostituirlo con una semplice nota all’editore. Questa:
“Il Futuro e la Città sono ora Padroni del mondo e del nostro destino: dobbiamo smettere di fingere, non siamo capaci di programmare il tragitto. Possiamo soltanto attrezzarci per attutire gli scossoni del viaggio, sapendo che siamo in corsa senza autista e senza meta.”