Ecco un altro binomio che quotidianamente penetra nelle mie vie respiratorie, causando asma e starnuti.
Se è vero, come via via sta affiorando in queste pagine, che l’ipocrisia è uno dei cromosomi vincenti nella generazione del buon gusto, è altrettanto vero che la storia è piena di ribellioni violente a questa patina claustrofobica.
Ovviamente, c’è ribellione e ribellione.
Stupire il borghese è una delle possibilità più frequentate da chi si occupa di segni e di comunicazione: mettersi al centro dell’attenzione è facile, basta fare o dire ciò che mediamente non si fa e non si dice.
La qualità del messaggio è nella gran parte dei casi del tutto indifferente: l’approfondimento dei contenuti non è poi un’attitudine così diffusa e frequentata ai giorni nostri.
Ecco allora che la pernacchia congelante di uno scoiattolo è stata per mesi la pubblicità più discussa dagli italiani.
Ma se è vero che il buon gusto mi deprime, ancora peggiori, se possibile, sono le mie reazioni alle reazioni smorte e sciocchine che esso induce .
Abbiamo gli scoop che ci meritiamo, mi verrebbe da dire guardando la pagina intera che il giornale dedica alla facciata di un piccolo edificio di un quartiere periferico della nostra città sulla quale di recente è comparsa una tinteggiatura coloratissima, versione casereccia di un “De Stijl” indaco/violetto.
Allo scandalo!
La piccola facciata, entità marginale ai margini della città, rompe prepotentemente il grigiore di ciò che la circonda e oltraggia il buon gusto impiegatizio di chi passa: lettere al giornale, esposti ai vigili e poi multe, commissioni edilizie che invocano il decoro e la mitezza della mediocrità, assessori affannati…… perbacco, riporteremo l’ordine, imporremo nuova sorveglianza, nuove regole…
In tutto questo casino nessuno nel frattempo s’accorge che, poco distante, speculatori mai sazi stanno spartendosi i frammenti residuali di terreno inedificato che ancora restano nella città per rimpolpare i loro già grassi conti in banca, costruendo torri di fuffa.
Nei loro cantieri troveremo impresari griffati, operai extracomunitari con gli sguardi persi e demotivati, tecnici avidi e venduti, disposti a non vedere mai niente o, se architetti di grido e particolarmente bravi, a coprire con la loro retorica e il loro buon gusto, operazioni senza senso, contro la gente e contro il progresso.
Tutto ciò nel silenzio: in fondo avere un’opinione sulla parte oscura della città costa fatica e impegno, a volte costa la carriera e le opportunità reali che ci vengono riservate.
Il buon gusto affronta sempre questioni facili, “scoreggine da salotto”.
Vedere davvero è un atto di coscienza e di consapevolezza. Ben più facile fermarsi alla superficie, senza chiedersi perché, crogiolarsi nella banale e ipocrita categoria dell’apparenza, che sta bene anche durante una cena nouvelle couisine, perché ai tavoli dove si mangia bene non sai da che parte stiano gli ospiti e spesso parlare di speculazione vorrebbe dire parlare dei presenti.
La facciata colorata nasce da un impulso di ribellione, da una volontà di affermazione: è un urlo nel cielo di periferia, frutto del mal di stomaco prolungato di chi non riesce a farsi ascoltare e per questo, a un certo punto, per richiamare l’attenzione, decide di mettersi ad imprecare.
Mi piace per tenerezza umana pensare che tale gesto impetuoso, oltre alla multa, possa portare al suo autore nuove amicizie e almeno un nuovo amore.
Di certo il buon gusto è duro a morire e quando lo si attacca frontalmente, è capace di difendersi con crudeltà ed infingardia.
La facciatina marginale e provocatoria smuoverà nuova burocrazia, gli imprenditori affamati se la rideranno insieme ai loro architetti lacchè, che continueranno a sfornare in silenzio milioni di metri cubi vuoti di senso.
C’è ribellione e ribellione: la differenza tra Che Guevara e lo “scemo del villaggio” a volte è marcata da un confine meno spesso di come siamo portati a immaginarlo e se è vero che un mito è fatto in gran parte dalla comunicazione del mito stesso, è altrettanto vero che la guerra è una cosa seria e come tale va affrontata.
Anche la guerra al buon gusto.

illustrazione © Francesca Perani