Non so se i libri, come qualcuno sostiene, possano davvero cambiarti la vita.
Di certo non sempre, di certo non tutti.
Ce ne sono però alcuni, in alcuni momenti, nei quali una sapiente, commovente scrittura riesce a dar forma a parti di te che si agitavano alla ricerca di un senso, di un ritmo, di una trascrizione.
Sono i libri fondamentali.
Dopo averli letti il mondo ti appare in una luce diversa, hai trovato un nuovo codice, delle nuove spiegazioni, nuovi sentimenti.
Ho sempre sentito parlare di camorra: da italiana ho sempre ascoltato questa parola considerandola una parte purtroppo indissociabile della nostra cultura, del nostro codice genetico. Camorra appartiene alla cronaca dei giornali, alle trame dei film……
Ma è solo dopo aver letto il libro di Roberto Saviano che ho cominciato ad avere un sentimento profondo, intimo e reale nei confronti del “sistema” che avvolge una parte così consistente della nostra società: potenza della parola scritta, potenza dell’urlo che infrange i tuoi timpani intorpiditi dall’ingente massa di notizie e informazioni quotidiane.
È l’urlo di Saviano che ha reso la camorra non solo una racconto astratto, ma un’esperienza della mia anima.
Di questo libro toccante mi ha colpito tutto: ma sono soprattutto le frequenti incursioni del testo nel settore dell’edilizia e del “ cemento” che mi hanno ferito il cuore e il cervello.
Di tale settore frequento quotidianamente la parte “ideale”, quella dell’architettura con la A maiuscola, con la presunzione infantile e fighetta di chi pensa che un buon edificio possa cambiare un pezzo di mondo e forse anche più di un pezzo.
Gomorra mi ha sbattuto in faccia con la forza di un tifone l’altra anima del cemento, la sua violenza, le sue morti, la sua follia criminale: mi ha fatto capire che l’apparente pulizia di molte operazioni immobiliari ha una base sporca e affonda le radici nelle sabbie mobili dell’illegalità e dell’abuso anche qui da noi, nel nord ricco e giudizioso .
In quale quartiere nella nostra linda città il cemento camorrista sarà miscelato nelle fondazioni degli edifici? Quale assessore, funzionario, direttore di banca, architetto avrà operato per riciclare denaro insanguinato, dandogli la forma di un permesso, di un progetto, di un finanziamento e di un mutuo per poi tornare la sera nel suo appartamento arredato in stile rustico-vernacolare, un inno alla vita domestica, alla rappresentazione dei valori tradizionali di famiglia e natura, tendine, colori sobri e giocosi, decorazioni e decoupage in questa provincia opulenta e perbenista? Sarà socio del club del buon gusto? Avrà la moglie insegnante di lettere alla scuola media, la figlia iscritta al corso di ballo, il figlio futuro dottore?
Il territorio della criminalità è globale, i suoi confini, invisibili per chi non ne conosce le trame e i movimenti, sono inquietanti: le relazioni tra economia pulita e economia marcia sono plurime, sconvolgenti, a volte inconsapevoli, a volte necessarie e inevitabili.
Le abitazioni dei boss, circondate da alte mura di cemento, sorgono sopra cumuli di rifiuti tossici da loro stessi seppelliti in tutti gli anfratti di un territorio che distruggono con ferocia, ma che nello stesso tempo continuano ad abitare, subendone per primi le conseguenze nefaste.
Dentro le case-fortezza un linguaggio schizofrenico accumula segni e simboli facendo strage di senso e conoscenza: vasche a conchiglia, rubinetti d’oro, silfidi oscene, insieme la ricchezza del denaro e la più grande povertà dello spirito.
Tra l’arredamento trendy del vernacolo familiare e la pornografia delle statue in marmo di dee a bordo vasca si tesse un legame che non avremmo potuto immaginare: perbenismo e violenza, inconsapevolezza estetica e consumo, viaggiano parallelamente sui binari della mancanza di etica e di senso morale, verso un mondo folle e verso l’autodistruzione.